Università Cattolica del Sacro Cuore

L’ISBD: ultimi risvolti di un lungo processo

Intervista a Elena Escolano Rodríguez
a cura di Angela Contessi e Alejandro Gadea Raga
 

Elena Escolano Rodríguez, dopo una esperienza ventennale maturata presso il Servicio de Catalogación de la Biblioteca Nacional de España, di cui è stata responsabile dal 2005 al 2007, è attualmente responsabile del Servicio de Coordinación y Normalización de la Biblioteca Nacional de España (BNE) e coordinatrice a livello nazionale del Grupo de Normalización del Consejo de Cooperación Bibliotecaria. Dal 2003 opera nell’IFLA con varie responsabilità; è membro dell’IFLA Cataloguing Section e dell’International Meeting of Experts on an International Cataloguing Code Planning Committee che ha sviluppato i Principi internazionali di catalogazione pubblicati nel 2009; dal 2006 è presidente dell’ISBD Review Group, membro ex officio del FRBR Review Group e del Material Designation Study Group, e membro di diversi altri gruppi di lavoro tra cui: l’ISBD Future Direction Study Group, l’ISBD-XML Study Group, l’IFLA Namespaces Study Group, l’International Cataloguing and Bibliographic Control Task Group, ha, inoltre, presentato numerose relazioni a convegni internazionali e tenuto corsi in Spagna e nel Sudamerica.


1. Le ISBD hanno svolto - e tuttora svolgono – un ruolo-chiave nella standardizzazione dei dati catalografici a livello mondiale. Ci può dare il suo parere in merito?
Effettivamente l’ISBD rappresenta il maggior standard bibliotecario mondialmente accettato. Il che è comprensibile perché lo standard ha raccolto, razionalizzato e dato una struttura ad una pratica che si svolgeva da tempo, stabilendo un ordine in funzione dell’importanza che l’informazione raccolta aveva per poter effettuare l’identificazione, la selezione, la gestione di ciò che si descriveva e in tal modo agevolare l’ottenimento del documento.
Per questo motivo si raggiunse facilmente un consenso che ebbe come risultato i diversi standard ISBD per la descrizione di tutti i tipi di materiali. Questa attività è stata in grado di realizzare la cooperazione e lo scambio di informazioni, che serve come strumento per ridurre i costi della catalogazione. Ma oltre ad aver raccolto la pratica precedente, dandole una struttura e un ordine, ha anche stabilito un accordo fondamentale, senza il quale non sarebbe stato possibile ottenere la cooperazione, vale a dire che l’ISBD è un accordo internazionale sulla localizzazione di dove si va a prendere le informazioni nella risorsa per descriverla. L’ISBD rappresenta le regole del gioco, in modo che tutti i partecipanti possano riconoscere la provenienza delle informazioni e gli elementi che si considerano necessari da descrivere. Questo è il suo successo, insieme al fatto che è comprensibile per tutti, indipendentemente dalla lingua. Per questa ragione è alla base di tutti i codici di catalogazione, come dimostra lo studio che è stato condotto finora nella serie di IFLA Meetings of Experts on an International Cataloguing Code (IME-ICC). Per questo motivo sorrido quando in molte discussioni nelle mailing list si leggono commenti sul fatto che non si applica l’ISBD, ma si applicano, ad esempio, le AACR2. Ciò significa che in generale il catalogatore conosce lo standard o il suo contenuto attraverso il suo adattamento, la traduzione, l’interpretazione e l’integrazione nei codici catalogafici nazionali.
 
 
2. Nell’estate del 2009, in occasione del 75° Congresso mondiale dell’IFLA che si è svolto a Milano, alcuni di noi hanno avuto la possibilità (e il privilegio) di partecipare ad una riunione dell’ISBD Review Group da lei presieduto. Ricordiamo, ad esempio, le difficoltà connesse alle lingue con i sistemi di scrittura CJK. Il fatto che attualmente gli esempi ISBD siano presentati in una ventina di lingue, tra cui appunto quelle orientali, è il risultato di una forte volontà collettiva di collaborare a livello mondiale? Ritiene che la cultura in generale sia una questione che va al di là di qualsiasi frontiera e che le ISBD abbiano svolto un ruolo determinante nella diffusione internazionale delle fonti?
Sì, le ISBD sono applicate a livello mondiale, tuttavia, almeno quando mi sono unita ai lavori dell’ISBD Review Group dell’IFLA, non vi era alcuna partecipazione o rappresentanza di tutti i codici menzionati che si basano sulle ISBD. Peggio ancora è che non vi erano rappresentanti della tradizione catalografica asiatica, quando appunto in questi paesi si applicano le ISBD direttamente senza la mediazione e l’interpretazione di un codice normativo. Da quando ho accettato la direzione del gruppo, tra gli altri obiettivi, mi sono prefissata che se è uno standard mondiale deve avere anche una rappresentanza mondiale, i cui rappresentanti possano influenzare le decisioni del gruppo e il suo lavoro di mantenimento e di aggiornamento dell’ISBD. Come standard dell’IFLA si applicano anche gli obiettivi generali stabiliti dal suo Statuto di servire come un forum mondiale in cui ogni comunità possa difendere la sua cultura e le sue necessità. Pertanto, il compito è stato quello di coinvolgere catalogatori esperti rappresentanti dei propri codici nazionali, a volte anche rappresentanti di comitati nazionali per la normalizzazione della catalogazione.
In questo modo, attualmente nel lavoro di revisione dell’ISBD sono coinvolti 13 membri ufficiali, rappresentanti di codici di catalogazione diversi, a volte anche rappresentanti dei vari comitati, associazioni e organizzazioni internazionali; e abbiamo anche 11 membri consulenti di altri codici, associazioni, ecc. In tutto quindi rappresentanti di tutti i codici nazionali identificati dalla serie di IME-ICC e di diverse associazioni internazionali.
Tutti lavoriamo e abbiamo l’opportunità di contribuire e di esprimere le nostre opinioni e esigenze, e tutte le opinioni sono prese in considerazione e discusse. Ma c’è una differenza tra i membri ufficiali del Gruppo e i membri consulenti: è la possibilità di votare quando non si raggiunge il consenso. Diversamente dai membri consulenti, i membri ufficiali hanno l’obbligo di essere presenti agli incontri e la responsabilità di trovare una soluzione. Con il maggior numero di persone coinvolte nel lavoro, è anche più complicato, ma c’è più dibattito e quindi penso che qualsiasi decisione venga presa con maggior convinzione, ma è ovviamente anche più difficile che tutti, assolutamente tutti siano d’accordo; tuttavia raggiungiamo un compromesso.
Finora vi era una grave mancanza nel non prendere in considerazione la situazione particolare delle risorse in lingua e scrittura cinese, giapponese o coreana. Una regola soprattutto mostrava chiaramente un orientamento occidentale e in mancanza di chiarimenti creava nei loro cataloghi contraddizioni e problemi di normalizzazione interna dovuti a interpretazioni diverse. Nella nuova edizione dell’ISBD questo è stato risolto; ciò che conta è ottenere gli stessi risultati, capire la logica alla base di ogni regola e fare in modo che l’interpretazione sia la stessa, indipendentemente dalla cultura, dalla lingua e dalla grafia. L’importanza di questo sforzo, di questo lavoro e di questo accordo è che si è riusciti a rispettare le differenze culturali.
Personalmente credo che la diversità culturale ci arricchisca tutti e che tutti dobbiamo cercare di salvaguardarla come patrimonio di tutti, anche se non è la nostra propria cultura. L’identità del prossimo contribuisce anche alla differenziazione della mia. Mentre esiste questa diversità si ha l’opportunità di interpretazioni diverse, il che significa evoluzione.
 
 
3. Forse uno degli aspetti più interessanti e qualificanti dell’edizione consolidata dell’ISBD è stata una migliore integrazione della descrizione dei diversi tipi di materiali disponibili nelle collezioni delle biblioteche, ciò che di fatto ha significato una semplificazione e un’armonizzazione delle norme e addirittura l’eliminazione della "opzione B" per le pubblicazioni monografiche antiche, nonché la ridefinizione di alcune aree, come l’area 6, che ora appare molto più chiara. Questo processo è destinato a proseguire nel prossimo futuro con l’introduzione di nuovi tipi di risorse?
Grazie per l’apprezzamento. È stato un lungo processo: in primo luogo lo studio dell’ISBD Future Direction Study Group che ha considerato la possibilità di realizzare l’integrazione e il consolidamento di tutti gli standard in un unico documento, poi il lavoro del Review Group al completo, che ha cercato di armonizzare il più possibile le descrizioni dei diversi materiali, senza perdere la specificità necessaria ad ogni materiale. Personalmente, penso che sia stato un successo, anche se ci sono punti di vista critici. Tuttavia, anche le associazioni internazionali specializzate nei materiali specifici sono state d’accordo. Credo davvero che abbiamo aiutato il catalogatore in generale, specialista di un tipo di materiale o no, perché oggi le risorse che entrano in biblioteca non rientrano in una tipologia chiara quindi si deve guardare a diverse norme specifiche per la loro descrizione.
È vero che in un primo tempo ci sono state opinioni diverse sulla inclusione delle norme di descrizione del materiale antico dovute alla complicazione che poteva portare all’ISBD.
Come si è rivelato alla fine del processo di consolidamento di tutti gli standard, mentre si stava effettuando questo processo di consolidamento un gruppo di studio dell’ISBD(A) continuava a lavorare, è giunto un momento conflittuale in cui si doveva decidere se includere tale revisione con tutte le regole o no. Si intuiva già che questo processo era importante e significava molto per lo sviluppo dell’ISBD, escludere il materiale antico non era una situazione favorevole. D’altra parte, l’ISBD si presenta come lo standard per la descrizione di tutte le risorse pubblicate che abbiamo nelle biblioteche, per questo non poteva essere escluso. Così è stato incluso nella edizione preliminare, ma sapendo che si doveva riesaminare nel dettaglio ogni regola per cercare una maggiore armonizzazione. La revisione che era stata fatta dell’ISBD(A) aveva portato alla presentazione di due opzioni: l’opzione A coerente con la descrizione ISBD e l’opzione B che conteneva altre pratiche bibliotecarie nella descrizione di questo tipo di materiale. La decisione di rimuovere dall’edizione consolidata dell’ISBD l’opzione B è motivata in quanto essa propone una descrizione che non è coerente con ISBD. Non si tratta di raccogliere nell’ISBD tutte le pratiche di descrizione esistenti, ma di normalizzare la struttura e l’ordine che l’hanno caratterizzata, e l’opzione B non rientrava in questo, di modo che l’opzione A è quella che è stata integrata.
Le modifiche effettuate nell’area 6 rispondono anche ad un ripensamento della logica dell’informazione che diamo. È cambiato, credo in maniera significativa, il capitolo introduttivo alla descrizione che ritengo sia il più importante perché stabilisce le regole del gioco. In questo capitolo A si definiscono le fonti da cui sono tratte le informazioni, i criteri generali di selezione nella scelta delle informazioni, ma ancor più fondamentale, si stabilisce quella che sarà l’unità bibliografica della descrizione. A seconda di cosa si decide che sia l’unità bibliografica, abbiamo fonti diverse e quindi i criteri di selezione variano. Se la politica della biblioteca in questione ha deciso di fare una descrizione più granulare, descrivendo le parti componenti di un’opera principale, per la corretta identificazione la descrizione dell’opera principale si fa nell’area 6 e conformemente ad essa. Logicamente, se è stato deciso che questa area contiene l’identificatore dell’opera superiore, deve altresì contenere qualsiasi tipo di identificatore dell’opera, non solo l’ISSN.
Questo significa che le modifiche apportate sono miglioramenti perché apportano maggiore logica. Il cambiamento che stiamo ora studiando riguarda l’introduzione delle risorse manoscritte, anche se la denominazione del Gruppo di studio che è stato istituito lo scorso agosto 2010 non è stata così specifica, rimanendo come Study Group on Unpublished Materials. Ricordo dall’inizio del processo di consolidamento delle ISBD che la richiesta degli specialisti di questi materiali era stata di non dimenticarli o lasciarli da parte. Ma la decisione di non includerli è stata presa sulla base del marchio tradizionalmente stabilito nelle ISBD, cioè che lo standard è per la descrizione delle risorse pubblicate e non era il momento opportuno per intraprendere questo studio. Si potrebbe dire che l’ISBD consolidata è già avanzata, coerente, e che ora è venuto il momento di fare uno studio serio sulle implicazioni del loro inserimento nel contesto generale. Personalmente penso che sia un peccato non inserire questi tipi di materiali, che abbiamo in tutte le biblioteche, le cui descrizioni sono integrate nel catalogo stesso, che elenca le descrizioni dei materiali pubblicati. In effetti, l’argomento generale presentato in difesa della loro integrazione è che in molte biblioteche si impiega l’ISBD per descrivere queste risorse, eccetto, naturalmente, l’obbligo di compilare le informazioni relative all’area della pubblicazione.
 
 
4. Oggi stiamo assistendo alla presentazione delle RDA in Europa. Le RDA, così come le REICAT in Italia, ratificano un legame imprescindibile tra le ISBD e i codici di catalogazione che ha oltre trent’anni di storia. Le ISBD hanno già svolto una parte del loro compito? E ora che le ISBD sono state completamente riviste e aggiornate, crede che l’ISBD consolidata continuerà a guidare i nuovi codici per altri trent’anni o, al contrario, potrebbe essere superata nel contesto del web semantico o 3.0?
È difficile prevedere il futuro, tra le altre cose perché il cambiamento è molto rapido in questo campo. In ogni caso, credo che la necessità di informazioni descrittive continuerà ad esistere per consentire l’identificazione e la selezione da parte dell’utente finale. Troviamo molte opere digitalizzate su Internet, ma quando non esiste una descrizione che accompagna l’opera ci dobbiamo mettere direttamente a leggerla? Occorre conoscerla per fare questo, ma se non è il caso si passa senza soffermarsi alla ricerca di un’altra risorsa preceduta da una breve informazione che ci metta al corrente.
L’informazione è necessaria anche per la corretta gestione, poiché non sono altro che risorse gestite, conservate, preservate da una biblioteca. E non posso immaginare una situazione in cui la collezione permanente esistente oggi nella biblioteca non abbia bisogno di gestione, a meno che non si pensi che stia scomparendo. Si brucieranno i libri, come in Fahrenheit 451? Spero sinceramente che non siamo tanto stupidi.
Le informazioni contenute nella registrazione, con gli elementi di dati specificati nell’ISBD devono sempre avere un obiettivo per consentire e permettere l’identificazione da parte di qualsiasi utente, sia generale, specifico o bibliotecario, e per consentire la gestione del catalogo da parte del bibliotecario, prescrivendo di raccogliere i dati del materiale fisico, come le dimensioni, le unità, ecc. che consentono di gestire la collezione e lo spazio per la sua conservazione, senza dover tenere fisicamente presente e in ogni momento la collezione stessa. Pertanto l’ISBD continua ancora oggi e continuerà nel prossimo futuro a svolgere il proprio ruolo in relazione alla collezione fisica di qualsiasi biblioteca. Quando si eseguono scansioni della collezione, viene scelta una copia che rappresenta una particolare edizione, ma oggi non so dire se in un futuro un po’ più lontano avremo abbastanza soldi per digitalizzare tutte le edizioni di un’opera.
Quello che posso dire è che sono state adottate le misure necessarie per l’adeguamento e l’integrazione dello standard nel web semantico. Cinque anni fa si iniziò a parlare della convenienza o meno di sviluppare uno schema XML per ISBD, ma il gruppo era molto impegnato e non poteva affrontare seriamente lo studio. Nel mese di agosto 2008, è stato infine istituito un ISBD/XML Study Group, che dopo un anno di lavoro ha cambiato orientamento e ha sviluppato lo schema RDF-XML con l’obiettivo di preparare lo standard per il web 3.0 e consentire l’integrazione anche di tutte le descrizioni che abbiamo nei nostri cataloghi. RDF consentirà l’integrazione e la convivenza dei metadati descrittivi ISBD con altri metadati di altri standard come, ad esempio, PREMIS, ciascuno con la sua funzione.
Forse ciò che cambierà sarà la forma di scambio. Ora è tutto in un pacchetto, viene scambiata la registrazione ISBD in un insieme a cui sono stati incorporati i punti di accesso. Forse in futuro sarà possibile selezionare i metadati che si desidera scambiare.
Quindi si sta facendo tutto il necessario in modo che, se esisteranno nel futuro codici di catalogazione, la parte descrittiva continui ad essere basata sull’ISBD.
La situazione economica delle biblioteche è sempre difficile, ma in alcuni paesi più di altri. Dal mio punto di vista è necessario consentire l’applicazione dello standard a prescindere dalla situazione della biblioteca: quelle che hanno ancora cataloghi manuali, quelle con sistemi integrati, e quelle biblioteche che hanno aperto le informazioni al web 3.0. Permettendo così la scalabilità a tutti i tipi di biblioteche nel momento in cui le loro condizioni lo consentiranno. Allo stesso tempo consentendo la riconversione di tutte le informazioni memorizzate nelle nostre basi di dati.
 
 
5. L’ISBD ha naturalmente anche un legame molto stretto con il formato MARC 21. Quali sono attualmente i punti strategici di questa relazione? Come, ad esempio, la punteggiatura ISBD continua ad avere un impatto critico su questo formato?
Certo, e non dobbiamo rinnegare il passato, l’origine di ISBD fu lo specificare un ordine e una punteggiatura che rendeva comprensibile, senza le barriere della lingua, il prodotto finale derivante dalla informatizzazione dei cataloghi. Cioè, stabilire una sintassi di linguaggio scientifico internazionale che potesse essere inteso in tutto il mondo. Poi ISBD superò ampiamente questo obiettivo, diventando più specifica secondo le esigenze dell’informazione specifica di ogni materiale in modo che fu aumentata l’importanza dello standard come specificazione degli elementi di dati.
Oggi, nella sua introduzione si dice chiaramente che l’obiettivo fondamentale è la specificazione degli elementi che la descrizione di una risorsa deve contenere e, in secondo luogo, la sua presentazione. Questo non vuol dire che già non sia importante l’obiettivo di una comprensione internazionale e che l’ordine e la punteggiatura rimangono l’unico modo di conseguirla a livello mondiale. Ma le informazioni possono essere presentate con altre forme di visualizzazione e questo deve essere preso in considerazione per fornire la giusta consistenza.
Per quanto riguarda il rapporto con i formati, è ovviamente molto importante, dal momento che i formati codificano soltanto le informazioni prescritte dallo standard; per questo nel Review Group vi è un rappresentante del formato di codifica UNIMARC dell’IFLA. Si tratta di mantenere un rapporto stretto che si adatti a tutte le modifiche apportate nella ISBD, consentendo l’adattamento dei cataloghi in modo efficace. Tuttavia, non dovrebbe succedere che i problemi che possono esserci nei formati influenzino le decisioni sull’ISBD. Il dibattito internazionale a cui abbiamo assistito recentemente sulla questione che si debba includere o no la punteggiatura ISBD nel formato MARC21 e come si debba fare, se all’inizio o alla fine del campo precedente, ecc., è un problema particolare che non esiste in altri formati. Inoltre, sembra più una questione di sistema di gestione particolare piuttosto che di formati. In generale, in Europa ci sono sistemi di gestione che assegnano la punteggiatura nel prodotto in uscita e nella visualizzazione se la codifica delle informazioni è stata fatta correttamente. L’ISBD deve prendere in considerazione la possibilità di applicazione, la pratica, ma non deve adattarsi ai problemi particolari e desidero far notare che molti commenti critici che sono stati fatti all’ISBD non avevano motivo di essere perché il problema era nel formato di codifica, non nell’ISBD.
Nella Biblioteca Nazionale di Spagna siamo passati dal formato IBERMARC al formato MARC21 alla fine del 2007, quando si realizzò il cambiamento del sistema integrato di gestione delle biblioteche. Se in un primo momento il catalogatore ha dovuto inserire tutta la punteggiatura ISBD, con i conseguenti dubbi se darla all’inizio del campo o alla fine, si dovettero presto effettuare gli sviluppi necessari per risolvere questo problema. Attualmente il sistema fornisce la punteggiatura ISBD, all’eccezione dei casi di campi con informazioni variabili, la cui punteggiatura prescritta è altresì variabile.
Comunque, se è vero che i problemi particolari non dovrebbero incidere sull’ISBD, poiché devono rimanere indipendenti, è stato tuttavia preso in considerazione il fatto che esistono altri formati di visualizzazione diversi dalla visualizzazione ISBD, come, ad esempio, la visualizzazione etichettata. Tenuto conto di questo, che è di carattere generale, abbiamo adattato la forma di dare la punteggiatura prescritta ISBD per consentire una maggiore coerenza in altre visualizzazioni. Tale decisione è stata presa in risposta ad alcune critiche, ma ne ha suscitate altre. Alcuni ritengono che non dovevamo cambiarla. L’intento e le motivazioni sono state l’interoperabilità e, come ho detto, il dare coerenza alle altre visualizzazioni quando mostravano dati che erano stati registrati con l’ISBD.
 
 
6. I cambiamenti di regole comportano di solito costi significativi. Ad esempio lo sviluppo della nuova area 0 dell’ISBD richiederà non solo modifiche nelle pratiche catalografiche, ma anche adeguamenti degli applicativi informatici e di presentazione dei dati negli OPAC. Secondo lei, quanto tempo ci vorrà perché tutte le realtà adottino questi aggiornamenti? E dal punto di vista dello scambio dei dati via Z39.50, quando inizieremo a percepire in modo evidente questi cambiamenti nelle registrazioni catturate?
Sono d’accordo che i cambiamenti devono essere pensati a lungo ed essere giustificati dal costo che implicano, sia in termini economici sia di risorse umane, sul mantenimento e l’adattamento, così come per il logoramento dello scontro con il rifiuto al cambiamento in sé, i software hanno inoltre necessità di essere adattati, ecc. Queste ragioni hanno portato spesso all’immobilismo di cui sono state accusate le ISBD. A mio parere, il cambiamento deve essere giustificato e quando la situazione lo richiede non vi è dubbio che bisogna farlo. Nessuna pratica deve essere mantenuta, se è accertato che non è corretta, semplicemente per evitare il cambiamento; ciò dimostrerebbe una paura irrazionale. Dallo studio di Tom Delsey nel 1998 si è dimostrata l’inconsistenza che esiste nella designazione generale del materiale (DGM). Il miscuglio dei suoi contenuti non serviva per una corretta, utile ed efficace messa in comune delle risorse per tipologia perché mischiava i criteri. Per non parlare della sua posizione che non fu una decisione molto azzeccata in quanto interrompeva informazioni importanti come quelle associate con l’area del titolo, forse perché si era ritenuto che le informazioni dovevano essere date in una posizione molto preminente per l’utente. Questa informazione generata dal catalogatore veniva a mischiarsi con le informazioni della chiara trascrizione della risorsa. Tutte queste carenze sono state segnalate dai gruppi di lavoro dedicati al problema e organizzati all’interno della serie di IME-ICC, che hanno raccomandato all’ISBD Review Group uno studio e una revisione. L’area 0 contiene ora informazioni più dettagliate, organizzate in modo più logico, molto più estensibile e flessibile per la sua applicazione nella misura decisa dalla politica della biblioteca. Ora si potrà riunire e organizzare le risorse secondo una determinata tipologia. Fino a poco tempo fa avevamo diverse basi di dati isolate all’interno del nostro catalogo, in cui i bibliotecari mantenevano la specificità e l’identità delle registrazioni. Con i cataloghi integrati e con l’ISBD consolidata, che supporta questa integrazione, è resa possibile la coesistenza delle descrizioni delle risorse miste che hanno caratteristiche di formati e tipologie diverse, con le descrizioni di risorse che possono essere classificate come un’unica tipologia. L’area 0 consentirà al bibliotecario specializzato in un tipo di contenuto o formato fisico di ricuperare l’insieme delle descrizioni di risorse che contengono le caratteristiche della tipologia di suo interesse, incluse quelle che contengono anche caratteristiche di altre tipologie. In molte biblioteche, ad esempio, è stata data una struttura organizzativa con la creazione di dipartimenti o sezioni specializzate, come la cartografia, le stampe, la musica, le pubblicazioni seriali, le risorse elettroniche, ecc., e rispondendo alla ripartizione che era stata fatta della collezione tra tali sezioni, allo stesso modo si faceva la descrizione. Ora, consentendo di dare quante più informazioni possono essere necessarie o che la biblioteca ritenga opportuno dare rispetto al contenuto e alla forma fisica, si possono ricuperare in un modo più esauriente tutte le risorse che condividono una caratteristica di contenuto o di forma. Pertanto, dalla mia esperienza personale di contatti con specialisti credo che siano contenti dell’area 0 e vogliano che sia messa in pratica il più presto possibile. Ad esempio, la registrazione o videoregistrazione delle lezioni, letture di testi, che vengono denominate archivi della parola o parola parlata, essendo un’espressione dell’opera, avevano una catalogazione mal risoluta finora. Con l’area 0 si potrà ricuperare l’insieme di queste risorse. La sua implementazione deve essere graduale e dipenderà da ogni biblioteca. Alla BNE si farà da un momento e una data precisi con le nuove risorse che si catalogheranno e ci saranno studi per consentire la riconversione del pregresso con modalità il più possibile automatiche, cercando di estrarre queste informazioni da altre esistenti nella risorsa. Per quanto riguarda la data in cui si inizierà a percepire questi cambiamenti, è una questione difficile da stimare, ma credo che ciò avverrà presto. Il fatto che le RDA abbiano accettato la stessa classificazione, anche se con una diversa terminologia, e che di conseguenza siano stati creati campi MARC21 sarà di grande aiuto per una loro rapida applicazione. In effetti negli esempi RDA codificati in MARC21 compaiono già questi elementi di informazione. Anche UNIMARC sta sviluppando il formato dove necessario per questo. Quindi spero che molto presto, già da quest’anno, si vedranno registrazioni nei cataloghi con l’area 0.
 
 
7. Negli ultimi anni la Spagna ha fatto grandi progressi nel creare le condizioni per migliorare la standardizzazione dei dati catalografici e bibliografici in generale. Per fare solo un esempio, possiamo citare il Grupo de Trabajo de Normalización da lei coordinato all’interno del Consejo de Cooperación Bibliotecaria. Ritiene che l’adozione generalizzata del formato MARC 21 in Spagna sia stata una buona scelta e, in caso affermativo, quali vantaggi ne potrà trarre la comunità bibliotecaria spagnola?
Sì, sono molto soddisfatta e contenta per il lavoro svolto dal Grupo de Normalización in seno al Consejo de Cooperación Bibliotecaria. Non credo nel grande sviluppo di una biblioteca in particolare e non di altre, alla fine queste disuguaglianze presentano problemi alla cooperazione per la mancanza di equilibrio, senza arrivare a discutere delle ripercussioni politiche. Questa realtà era necessaria come passaggio intermedio tra l’ambito internazionale e quello locale di ogni biblioteca. Il Grupo de Normalización cerca, a livello nazionale, di mantenere i suoi membri informati con lo stesso livello di conoscenza delle norme internazionali, ciò che è necessario per un processo decisionale consapevole. Il Gruppo informa anche sulle decisioni e le azioni che la BNE e le biblioteche o gli organismi di standardizzazione a livello regionale o di comunità autonoma stanno prendendo in tutti i settori; si discutono le decisioni che sono state prese cercando il consenso di tutti; esso funziona pertanto al contempo come un forum a livello nazionale e come un organismo di standardizzazione. La BNE ha preso la decisione di adottare MARC21 in coincidenza con l’inizio del Grupo de Normalización, per cui non c’è stato tempo per la discussione all’interno del gruppo. Questa disposizione è stata criticata da parte del resto delle biblioteche spagnole che applicano IBERMARC poiché la decisione della BNE lasciava intendere inoltre che non curerebbe più l’aggiornamento del formato, che fino ad allora era stato preso in carica.
Il lavoro della standardizzazione, del mantenimento degli standard, dei formati, ecc., implica molto sforzo e tempo. Il punto è che questo lavoro è stato considerato costoso per la BNE. In questi momenti la situazione è delicata perché adesso i formati devono essere aggiornati secondo i modelli filosofici e i cambiamenti dell’ISBD. Concretizzando la domanda, per ora tutto quello che posso dire è che la questione è ampiamente dibattuta in seno al Consejo de Cooperación Bibliotecaria; alle biblioteche è stato raccomandato il passaggio a MARC21 e non si esclude che si possa creare un gruppo specifico sul formato MARC per il mantenimento del formato nazionale. Tra le critiche che abbiamo avuto figura che abbiamo molti campi specifici di note che le biblioteche non vogliono perdere. Il formato bibliografico IBERMARC conta più differenze con il formato MARC21 rispetto al formato per le autorità, ad esempio. Ma in questo ultimo, nel campo di controllo 008 della registrazione di autorità, alla posizione 08 per la lingua del catalogo, non si riconosce, ad esempio, la lingua spagnola pur essendo la terza lingua di applicazione mondiale, e curiosamente MARC21 viene applicato in tutta l’America Latina dove la lingua spagnola è maggiormente parlata. È vero che questa posizione viene raramente compilata, ad esempio non viene compilata dalla Library of Congress, ciò non vuol dire che sia prassi corretta. In IBERMARC erano riconosciute le diverse lingue spagnole. Diversamente si perde l’identità nazionale. Anche in futuro, considerati i progetti di cooperazione che coinvolgono molte biblioteche, perdere queste informazioni potrebbe essere rilevante, e ad un certo punto ci potrebbe essere un codice applicato in maniera massiccia all’intero catalogo. A livello personale, ciò che ho detto prima lo credo anche rispetto al mantenimento dell’identità culturale: è ricchezza. Ma credo altresì che in questo momento di crisi, lo scambio è più che mai necessario e si devono superare gli ostacoli che lo impediscono, in qualunque modo. La BNE ha messo a disposizione di tutte le biblioteche le tabelle di conversione da IBERMARC a MARC21 che hanno contribuito a questo passaggio, nel caso in cui possano servire ad altre biblioteche.

In Biblioteche oggi,XXVIII, n. 10, 2010, p. 20s.